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L’Immunoterapia – Convegno Nazionale 13 Maggio 2017

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Fondazione Italiana GIST ETS

Report dell’intervento della Dott.ssa Maria Abbondanza Pantaleo Professoressa associata Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale Ospedale Sant’Orsola-Malpighi in occasione del Convegno Nazionale di AIG, svoltosi il 13 maggio 2017

Una domanda che sempre più spesso pongono i pazienti di Gist durante le visite di controllo è: “Ma l’immunoterapia serve anche a me?”

Per poter rispondere a questa domanda, cerchiamo innanzitutto di comprendere che cosa si intende per immunoterapia e come funziona.

L’immunoterapia in oncologia è l’insieme delle terapie (farmaci), non necessariamente un singolo principio attivo, il cui scopo è quello di attivare o potenziare le difese immunitarie, inducendo così una risposta contro il tumore.

La distinzione principale rispetto alla chemioterapia classica o rispetto alle terapie a bersaglio molecolare è costituita dal fatto che gli immunoterapici non sono farmaci che vanno a colpire direttamente la cellula tumorale, ma agiscono sul sistema immunitario del paziente.

Semplificando il concetto, si può paragonare la cellula tumorale a quella di un batterio patogeno che il sistema immunitario riconosce e distrugge attraverso i suoi meccanismi di difesa. Questo è possibile perché sulla superficie esterna della sua membrana, la cellula tumorale presenta degli antigeni che vengono riconosciuti come estranei dai linfociti e di conseguenza questi si attivano e la distruggono. Quando però questo processo fisiologico non avviene, i linfociti non attaccano la cellula tumorale che quindi è in grado di moltiplicarsi sviluppando la massa tumorale.

L’immunoterapia è in uso già da diversi anni anche se quella attuale è molto diversa da quella utilizzata in passato. I primi immunoterapici sono stati farmaci ad attività immunomodulante, come l’interleuchina e l’interferone: molecole normalmente prodotte dai nostri linfociti che venivano somministrate ai pazienti come supporto esterno per potenziarne l’azione; sono state impiegate soprattutto per la cura del carcinoma del rene e nei melanomi, ma non hanno dato grandi successi.

Un’altra modalità di fare immunoterapia è quella dei vaccini. Concettualmente i vaccini oncologici non si discostano da quelli utilizzati nelle malattie infettive. Questa metodologia consiste nell’introdurre nell’organismo cellule tumorali non vive o parti di cellule, antigeni purificati (proteine), peptidi o altre molecole che marcano il cancro in modo che il sistema immunitario si attivi contro di esso. Anche in questo caso il vaccino serve solo per stimolare il sistema immunitario del paziente e ciò avviene attraverso l’introduzione nell’organismo di un qualcosa che non è il vero tumore, ma che assomiglia ad esso. Anche questa strategia non ha avuto però grandi esiti, perché i risultati ottenuti non sono stati superiori a quelli riscontrati con la chemioterapia.

L’immunoterapia come intesa attualmente rappresenta invece una nuova frontiera, perché consiste in farmaci che agiscono sulle interazioni tra linfocita del sistema immunitario e tumore.

Ma vediamo nel dettaglio. Sulla membrana esterna del linfocita si trovano dei recettori chiamati CTL-4, PD-1 e PD-L1 che hanno la funzione di attivare le cellule del sistema immunitario contro quella tumorale. Si è visto però che la cellula tumorale produce delle sostanze che sono in grado di bloccare questi recettori impedendo l’attivazione della risposta immunitaria (Fig. 1).

Fig.1 – Il blocco di PD-1 e CTL-4 impedisce l’attivazione del linfocita provocando la mancata risposta immunitaria

Si è pensato dunque di creare dei farmaci che impediscano il legame di queste sostanze prodotte dalla cellula tumorale con i recettori PD-1, PD-L1 e CTL-4, in modo da bloccarne l’azione inibitoria.

Da qui la nascita di due grandi famiglie di nuovi immunoterapici:

  • Farmaci “Anti CTL-4”
  • Farmaci “Anti PD-1 e Anti-PD-L1”

Queste molecole sono anticorpi monoclonali con la classica forma a “Y” e intervengono nella formazione del legame sopra descritto (Fig.2).

Fig.2 – Il farmaco immunoterapico impedisce l’azione inibitoria sul linfocita da parte delle sostanze prodotte dalla cellula tumorale

Gli Anti PD-1 si sono rivelati di grande successo e rappresentano una rivoluzione in oncologia medica perché stanno dando risultati molto interessanti nel tumore del polmone e del rene. Ci sono tantissime sperimentazioni in corso con questi farmaci e quelli più importanti appartenenti a questa classe sono: Nivolumab, Pembolizomab, Avelunab. Invece i farmaci della classe anti CTL-4 vengono utilizzati nel melanoma e la molecola studiata più importante al momento risulta essere Ipilimumab.

Si è visto tuttavia che questa nuova frontiera di immunoterapia dà risultati migliori in quei tumori che hanno un elevato carico mutazionale, cioè con elevate mutazioni genetiche (es: 15-20 tipi di mutazioni), mentre il Gist, almeno nella sua fase iniziale, è un tumore che non ha molte mutazioni, perché queste si acquisiscono nel tempo; si reputa quindi, che per i Gist l’immunoterapia possa essere utile in fase avanzata. Si è visto inoltre che l’immunoterapia ha un ruolo più rilevante nei tumori che non sono causati da un’interazione molecolare precisa; i Gist sono invece dei tumori causati da una precisa interazione molecolare e questa caratteristica potrebbe essere uno svantaggio per una eventuale cura immunoterapica.

In particolare, per ciò che riguarda i Gist, fino ad oggi non ci sono state risposte eclatanti, ma questo fatto non deve scoraggiare, perché non significa che l’immunoterapia non funzioni; ci sono ancora molti studi da fare e tantissimi quesiti a cui dare risposte, perché si sa ancora troppo poco di ciò che accade a livello delle interazioni recettoriali coinvolte: anche per i tumori in cui l’immunoterapia funziona, spesso non si è ancora a conoscenza di tutti i meccanismi che causano tali successi.

Attualmente per i Gist ci sono quattro trial clinici aperti, tre studi americani e uno studio francese; in particolare uno studio si è già concluso, ma i risultati sono ancora in elaborazione e saranno noti e disponibili solo a breve. Si deve ricordare che tutti questi studi si definiscono “spontanei”, cioè ideati dai medici che li realizzano con il supporto delle aziende farmaceutiche; ovviamente per il paziente non cambia nulla, in quanto le regole che i trial clinici devono seguire sono identiche, a prescindere da chi realizza la sperimentazione. La differenza fondamentale è che tali studi sono più lenti e più piccoli: quando una sperimentazione viene organizzata da un’azienda farmaceutica è globale, cioè viene realizzata in tutto il mondo, quindi si riescono ad avere tanti risultati in tempi relativamente brevi; invece quando uno studio parte da un medico, è molto limitato perché non si hanno le risorse economiche per realizzarlo a livello mondiale e sono limitati anche come area geografica. Al momento si reputa che l’immunoterapia sola nei Gist non avrà molto spazio: gli studi in atto sono tutti di combinazioni di un immunoterapico con un farmaco di quelli già in uso nei Gist: quindi un paziente, anche se farà immunoterapia, assumerà comunque un inibitore delle tirosin-chinasi. Bisogna ancora cercare di capire come unire i due farmaci, in quale fase della malattia e con quale dosaggio: per questo sono in corso tanti studi a livello molecolare, per fare sempre più luce su tutti gli aspetti della malattia, così da avere le basi per poi costruire un trial clinico basato su evidenze molecolari.

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