di Maurizio Campagna
Parole chiave: Unione europea – Assistenza sanitaria transfrontaliera – Mobilità sanitaria – Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea – Health in all policies –Autorizzazione preventiva – Rimborso – Livelli Essenziali di Assistenza |
1. Considerazioni introduttive
A fronte dell’esigenza sempre più avvertita dai pazienti di curarsi al di fuori dei confini nazionali per accedere a un’assistenza migliore, più adeguata e più innovativa, la Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, ha fissato le regole della mobilità sanitaria nello spazio europeo.
La Direttiva completa il quadro giuridico già istituito dal Regolamento (CE) n. 833/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Per una comparazione tra le garanzie e i diritti stabiliti dai due provvedimenti (Direttiva e Regolamento), si rinvia all’Allegato I della Relazione speciale 7/2019 della Corte dei Conti europea “Le azioni intraprese dall’UE in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera sono molto ambiziose, ma devono essere gestite meglio”. |
A quasi dieci anni dall’entrata in vigore della Direttiva, la mobilità sanitaria nell’ambito dell’Unione europea costituisce ancora un’opzione molto marginale per i malati, soprattutto se paragonata, con riferimento all’Italia, a quella interregionale.
La mancanza di informazioni chiare, complete e disponibili con regolarità, come si vedrà, incide, più che in altri contesti, sull’accesso ai servizi sanitari oltreconfine. Il limitato ricorso alla mobilità sanitaria tra Stati dell’UE non è tuttavia riconducibile esclusivamente a fattori per così dire istituzionali e organizzativi, tra cui rientra sicuramente l’efficacia dei servizi di comunicazione.
I pazienti, infatti, generalmente tendono a ricercare l’assistenza più prossima al luogo dove abitualmente vivono, hanno i loro affetti e la loro rete di relazioni. La mobilità per ragioni di salute del resto, anche se contenuta entro i confini nazionali, costituisce infatti una scelta che aggiunge alla fragilità determinata dalla malattia, ulteriori disagi, anche di tipo economico (i costi di “trasferta”).
Per una migliore comprensione delle regole fissate dalla Direttiva 2011/24/UE è opportuno dedicare qualche cenno alla disciplina della tutela della salute nell’ordinamento dell’Unione europea di cui, proprio nelle settimane difficili del cosiddetto lockdown, si è invocato, non sempre in modo opportuno, un intervento più incisivo nella gestione dell’emergenza Covid-19 (Monica 2020).
Secondo quanto previsto dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) l’azione politica dell’Unione è, in generale, informata al principio health in all policies. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche e le attività dell’Unione, infatti, deve essere assicurato un livello elevato di protezione della salute umana (art. 168 TFUE). L’azione dell’Unione europea che, invece, si rivolge direttamente al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e delle affezioni e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale, completa le politiche nazionali. In altre parole, l’assistenza sanitaria resta una competenza dei singoli Stati membri che finanziano, gestiscono e organizzano i propri sistemi sanitari.
Questi ultimi sono, infatti, «un elemento centrale dei livelli elevati di protezione sociale dell’Unione e contribuiscono [nel loro insieme e mantenendo le loro caratteristiche] alla coesione e alla giustizia sociali e allo sviluppo sostenibile (n. 3 del preambolo della Direttiva 24/2011/UE).
In questo senso, il paragrafo 4 dell’articolo 1 chiarisce che la Direttiva non pregiudica le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia di organizzazione e finanziamento dell’assistenza sanitaria in situazioni non connesse all’assistenza sanitaria transfrontaliera.
2. La Direttiva 24/2011/UE sull’assistenza sanitaria transfrontaliera
La Direttiva stabilisce le condizioni in base alle quali un paziente può recarsi in un altro paese membro dell’UE per ricevere assistenza medica programmata. Lo Stato membro di residenza garantisce, in particolare, che i costi sostenuti da una persona assicurata (nel caso dell’Italia, iscritta al Servizio sanitario nazionale), che si sia avvalsa di cure transfrontaliere, siano rimborsati, a condizione che le prestazioni erogate risultino comprese tra quelle a cui il paziente ha diritto nello Stato membro di affiliazione (articolo 7).
Nel contesto di questa regola generale, gli Stati possono prevedere un sistema di autorizzazione preventiva per il rimborso dei costi dell’assistenza transfrontaliera(articolo 8). In nessun caso esso tuttavia può costituire un mezzo di discriminazione arbitraria né un ostacolo ingiustificato alla libera circolazione dei pazienti e dei servizi, anche se peculiari come quelli sanitari. Un eccesso di burocrazia, infatti, finirebbe per essere un efficace disincentivo per i malati potenziali beneficiari di assistenza all’estero, e risulterebbe contrario allo spirito della Direttiva.
Può essere soggetta ad autorizzazione preventiva l’assistenza sanitaria che (articolo 8, paragrafo 2):
- presenta esigenze di pianificazione riguardanti l’obiettivo di assicurare, nel territorio dello Stato membro interessato, la possibilità di un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure di elevata qualità o alla volontà di garantire il controllo dei costi e di evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane e:
- comporta il ricovero del paziente per almeno una notte;
- richiede l’utilizzo di un’infrastruttura sanitaria o di apparecchiature mediche altamente specializzate e costose;
- richiede cure che comportano un rischio particolare per il paziente o la popolazione;
- è erogata da un prestatore di assistenza sanitaria che, all’occorrenza, potrebbe suscitare gravi e specifiche preoccupazioni quanto alla qualità o alla sicurezza dell’assistenza.
La Direttiva in breve |
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–Stabilisce il diritto dei pazienti UE di accedere a un’assistenza sanitaria sicura e di alta qualità oltre i confini nazionali, all’interno dell’UE, e il diritto di essere rimborsati per l’assistenza ricevuta. –Istituisce i Punti di Contatto Nazionali per fornire ai pazienti informazioni sui loro diritti. –Promuove la cooperazione transfrontaliera in materia di assistenza sanitaria. –Facilita l’accesso dei pazienti affetti da malattie rare all’assistenza sanitaria soprattutto grazie allo sviluppo delle Reti di Riferimento Europee (European Reference Network – ERN). |
La possibilità di curarsi in un paese membro dell’Unione europea diverso da quello di affiliazione potrebbe rappresentare per i pazienti oncologici un’opportunità di accesso a un’assistenza migliore, più innovativa, o addirittura a prestazioni indisponibili nel paese di residenza. I benefici della cooperazione transfrontaliera tra enti e autorità sanitarie, inoltre, potrebbero rivestire particolare importanza proprio nell’ambito delle patologie rare, in ragione della distribuzione dei centri di riferimento per bacini di utenza molto ampi, talvolta sovranazionali.
La Direttiva non si applica:
- ai servizi nel settore dell’assistenza di lunga durata;
- all’assegnazione e all’accesso agli organi ai fini dei trapianti;
- ai programmi pubblici di vaccinazione contro le malattie contagiose.
In ogni Stato membro devono essere designati uno o più Punti di Contatto Nazionali per fornire ai pazienti le informazioni relative ai prestatori di assistenza sanitaria, ivi comprese, quelle sul diritto di uno specifico erogatore di prestare servizi o su ogni restrizione al suo esercizio e, più in generale, ogni tipo di informazione concernente l’assistenza sanitaria transfrontaliera (articolo 6).
In Italia, il Punto di Contatto Nazionale (National Contact Point – NCP) è istituito presso il Ministero della Salute. Dalla pagina dedicata del portale del Ministero, è disponibile il form per contattare il NCP, quale alternativa alle comunicazioni via e-mail (ncpitaly@sanita.it).
Gli Stati membri avrebbero dovuto mettere in vigore entro il 25 ottobre 2013 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla disciplina europea.
L’Italia ha recepito la Direttiva con il d.lgs. 4 marzo 2014 n. 38 che ha stabilito un sistema di autorizzazione preventiva, chiarendo innanzitutto che i costi sostenuti da un paziente iscritto al Servizio sanitario nazionale per l’assistenza ricevuta all’estero ai sensi della Direttiva sono rimborsati se e nella misura in cui la prestazione erogata sia compresa nei Livelli Essenziali di Assistenza (art. 8). |
Le procedure per il rilascio dell’autorizzazione e per l’ottenimento del rimborso devono basarsi su criteri obiettivi, non discriminatori, nonché necessari e proporzionati all’obiettivo da conseguire (sulla disciplina di recepimento della Direttiva e in particolare sull’onere di motivazione dei provvedimenti dell’autorità sanitaria, v. Fares 2020). Successivamente, in attuazione dell’articolo 9, comma 8, del decreto di recepimento, il decreto del Ministro della salute 16 aprile 2018 n. 50 ha individuato le prestazioni soggette ad autorizzazione preventiva al fine di ottenerne il relativo rimborso.

Come ottenere autorizzazione (e rimborso)? |
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1 Individuazione struttura europea per l’erogazione dell’assistenza. |
2 Richiesta informazioni: verifica dell’inserimento della prestazione richiesta tra quelle soggette ad autorizzazione preventiva. |
3 Presentazione della domanda di autorizzazione alla ASL competente, sull’apposito modulo a disposizione, generalmente reperibile online, corredata di certificazione medica. |
4 Nel termine di 30 giorni, comunicazione da parte della ASL del provvedimento di concessione o del diniego all’autorizzazione preventiva. Il termine viene ridotto della metà nei casi di particolare urgenza, che devono essere adeguatamente motivati nella domanda di autorizzazione. |
5 Nel provvedimento di autorizzazione la ASL specifica il costo della prestazione dell’assistenza sanitaria ammesso al rimborso. Il diniego dell’autorizzazione deve essere debitamente motivato. |
6 Entro 60 giorni dall’erogazione della prestazione, salvo comprovati casi eccezionali, presentazione di apposita domanda di rimborso alla ASL di appartenenza, allegando l’originale della certificazione medica e la fattura emessa dal prestatore di assistenza sanitaria. |
I contenuti minimi della domanda di autorizzazione preventiva |
– Indicazione diagnostica o terapeutica. – Prestazione sanitaria di cui si intende usufruire. – Luogo prescelto per la prestazione e il prestatore di assistenza sanitaria presso cui la persona assicurata (iscritta al Servizio sanitario nazionale) intende recarsi. |
3. Cosa fare se non viene riconosciuto il rimborso?
Nel caso di diniego del rimborso, i pazienti hanno a disposizione una tutela speciale, più rapida, che si somma ai tradizionali rimedi giudiziari.
È infatti possibile richiedere, entro 15 giorni dalla data della decisione, il riesame della decisione rivolgendosi direttamente al Direttore Generale dell’Azienda sanitaria competente. Quest’ultimo è tenuto a dare riscontro entro ulteriori 15 giorni, che decorrono dalla data della richiesta di riesame (articolo 10, co. 9 d.lgs. 38/2014).
In ogni caso, è sempre possibile: (i) entro 60 giorni dal provvedimento di rigetto dell’istanza, ricorrere al TAR; (ii) entro 30 giorni dalla conoscenza del provvedimento di rigetto, ricorrere direttamente alla stessa ASL che ha rigettato la domanda; (iii) entro 120 giorni dalla conoscenza del provvedimento di rigetto, ricorrere in via straordinaria al Presidente della Repubblica.
L’autorizzazione preventiva non può essere rifiutata quando l’assistenza sanitaria in questione non può essere prestata sul territorio nazionale entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico, sulla base di una valutazione medica oggettiva dello stato di salute del paziente, dell’anamnesi e del probabile decorso della sua malattia, dell’intensità del dolore e della natura della sua disabilità al momento in cui la richiesta di autorizzazione è stata fatta o rinnovata. |
4. L’impatto dell’assistenza sanitaria transfrontaliera
La Corte dei Conti europea, nella già citata relazione speciale 7/2019, ha rilevato che il numero di cittadini, che richiede il rimborso delle spese sostenute per assistenza medica ricevuta all’estero in forza della Direttiva, è piuttosto basso: circa 200.000 domande all’anno. Tale valore corrisponde a meno dello 0,05 % dei cittadini dell’UE. Di conseguenza, la spesa per l’assistenza sanitaria transfrontaliera sostenuta ai sensi della Direttiva è stimata allo 0,004 % del bilancio annuale per l’assistenza sanitaria a livello dell’Unione (i dati citati sono tratti ed elaborati dalla Relazione della Commissione sul funzionamento della direttiva 2011/24/UE concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera”, COM(2018) 651 final).
Eppure l’emergenza Covid-19 che stiamo vivendo, ha forse evidenziato che occorre “più Europa” proprio nella sanità. Nonostante le possibilità offerte dall’ordinamento, la scarsa conoscenza delle regole di riferimento da parte dei pazienti e l’insufficiente circolazione di informazioni, sono tra le cause principali di un impatto ancora molto limitato sulle comunità dei pazienti dell’accesso alle cure transfrontaliere.
L’European Patients Forum nel documento Directive On Patients’ Rights In CrossBorder Healthcare, evidenziando che nelle comunità dei pazienti ci sono pochissime esperienze in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera, identifica la causa di tale trend in un’informazione ancora insufficiente e irregolare, ma soprattutto inaccessibile per il livello di complessità tecnica. La Corte dei Conti europea, infatti, a conclusione della sua Relazione, raccomanda alla Commissione di supportare con più i Punti di Contatto Nazionali nella loro missione informativa.
Nel prossimo numero di questa rubrica sarà completata l’illustrazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, con particolari approfondimenti inerenti (a) alle funzioni dei Punti di Contatto Nazionali; (b) all’importanza dell’informazione; (c) alle cure per le malattie rare e (d) alle forme di cooperazione transnazionali.
Spunti bibliografici Boggero G., Gli ostacoli alla mobilità sanitaria transfrontaliera in Italia, «Corti Supreme e Salute» online, 2, 2018, 377-412 Fares G., Le condizioni normative di fruibilità delle cure transfrontaliere, Nota a T.A.R. Sicilia – Palermo, sez. I, sentenza 13 dicembre 2019 n. 1390, «Ius et Salus» online, 16 marzo 2020 Guerra G., La mobilità transfrontaliera dei pazienti, Politiche sanitarie, 15, 1, 2014, 49-52 Monica A., Unione europea e tutela della salute. Gestione di emergenza epidemiologiche a carattere transfrontaliere, in M. Campagna, S. F. Manzin (a cura di), Riflessioni sulla sanità in emergenza, Aracne, 2020, 75-88 |