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Cosa significa “uso compassionevole” di un farmaco

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Fondazione Italiana GIST ETS

Uso “compassionevole” è la traduzione dell’espressione inglese compassionate use che si riferisce ad un farmaco in fase di sperimentazione non ancora approvato dalle autorità sanitarie, quando viene impiegato al di fuori degli studi clinici per pazienti che, si ritiene, potrebbero trarne beneficio, ma che non hanno i requisiti necessari per accedere ad uno studio sperimentale.  Questa procedura può essere vantaggiosa per i pazienti, ma non è di facile applicazione: esistono impedimenti logistici e legislativi che creano ostacoli rilevanti e, spesso, insormontabili.

Contrariamente a quanto può far pensare il termine un po’ infelice con cui viene designato, il farmaco per uso compassionevole non è riservato ai malati in fase terminale, ma può essere utile in alcuni casi selezionati. Esiste infatti un regolamento molto complesso a tutela del malato che assume, al di fuori di una sperimentazione, un farmaco che non è giunto alla fine del percorso di studio.

In Italia l’uso “compassionevole” è regolamentato dal Decreto Ministeriale 8 maggio 2003 “Uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica.” (G.U. n. 173, 28 luglio 2003, Serie Generale). In sintesi, i punti fondamentali del DM 8/5/2003:

  • il farmaco può essere richiesto all’impresa produttrice per uso al di fuori della sperimentazione clinica quando non esista valida alternativa terapeutica al trattamento di patologie gravi, o di malattie rare o di condizioni di malattia che pongono il paziente in pericolo di vita;
  • l’autorizzazione può essere rilasciata soltanto qualora ricorrano le seguenti condizioni:
    a) il medicinale sia già oggetto, nella medesima specifica indicazione terapeutica, di studi clinici sperimentali, in corso o conclusi, di Fase II;
    b) il medicinale sia oggetto, nella medesima indicazione terapeutica, di un piano di sviluppo da parte del produttore.
  • la fornitura del medicinale può essere richiesta alla casa farmaceutica produttrice:
    a) dal medico per uso nominale nel singolo paziente non trattato nell’ambito di studi clinici;
    b) da più medici operanti in diversi centri o da gruppi collaborativi multicentrici;
    c) dai medici o da gruppi collaborativi, per pazienti che hanno partecipato a una sperimentazione clinica che ha dimostrato un profilo di efficacia e tollerabilità tale da configurare la necessità, per coloro che hanno partecipato al trial, a fruire con la massima tempestività dei suoi risultati;
  • il protocollo deve essere sottoposto da parte del medico alla approvazione da parte del comitato etico nel cui ambito di competenze origina la richiesta, il quale può operare anche mediante “procedura di urgenza”, accompagnato da una “nota di assunzione di responsabilità” del trattamento secondo protocollo da parte del medico richiedente (dichiarare che non esistono valide alternative terapeutiche, che le caratteristiche del paziente sono comparabili per criteri di inclusione ed esclusione a quelle riportate nel protocollo di riferimento; che è stato ottenuto il consenso informato al trattamento in oggetto; che è stato ottenuto il consenso al trattamento dei dati personali ai sensi del Dlg 196/2003; informare l’Azienda e contestualmente il comitato etico dell’Azienda Ospedaliera di ogni evento avverso dovesse verificarsi durante il trattamento; ecc.);
  • in seguito alla notifica al Ministero della Salute – Direzione generale valutazione medicinali e farmacovigilanza – Ufficio sperimentazione clinica, può aversi un eventuale giudizio sospensivo della procedura o dell’uso;
  • il medicinale è fornito gratuitamente dall’impresa autorizzata. Per l’eventuale ingresso del farmaco presso gli uffici doganali preposti, dovrà essere presentata l’approvazione da parte del Comitato etico competente.

Nel settembre 2011, è nato in via informale un Gruppo di Lavoro sui Tumori Rari, formato da quattro istituti clinici e quattro associazioni di pazienti tra le quali A.I.G. Associazione Italiana GIST Onlus, con lo scopo di ottenere la modifica e il miglioramento di alcune norme legislative che regolano l’accesso a farmaci “salvavita” nei tumori rari. Per quanto riguarda i farmaci per uso compassionevole, le nostre richieste sono:

1) eliminare il requisito dell’esistenza di studi clinici già conclusi di Fase II:  nei tumori rari, è difficoltoso realizzare studi clinici a causa del basso numero dei soggetti colpiti. Spesso gli studi clinici di Fase I nei tumori rari non riescono ad arrivare alla fase successiva. Per questo chiediamo che venga consentito l’accesso ai farmaci con un razionale preclinico e/o con evidenza clinica anche in assenza di dati definitivi di Fase II. Esiste un esempio significativo a supporto di questa teoria: Imatinib si è dimostrato efficace nella cura del dermatofibrosarcoma protuberans  – un tumore raro –  ed ha ottenuto l’approvazione e registrazione di EMA in assenza di uno studio clinico di Fase II.

2) eliminare il requisito dell’esistenza di un piano di sviluppo del farmaco: il malato di tumore raro non è tutelato se l’ azienda farmaceutica (oggi unico soggetto abilitato alla richiesta di registrazione di un nuovo farmaco) non intende perseguirne lo sviluppo.

L’appropriatezza dell’uso può essere garantita attraverso la somministrazione presso centri di riferimento e reti oncologiche

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L’articolo che segue, pubblicato nel 2007 ma sempre attuale, può aiutare a comprendere meglio questo tema e i numerosi aspetti problematici ad esso legati.
Assieme ai nostri consociati, Life Raft Group (associazione americana di pazienti GIST), leader della rete Global Gist Network  alla quale AIG aderisce, da tempo ci adoperiamo per  abbattere gli ostacoli che si frappongono fra i pazienti con GIST e l’accesso ai farmaci sperimentali.

Editoriale

Morire per mancanza di compassione? di Anna Wagstaff

Articolo originale: Dying for a lack of compassion?

(dalla rivista scientifica Cancerworld Magazine Number 21, Novembre-December 2007)

Traduzione italiana a cura di A.I.G. Associazione Italiana GIST Onlus:

Per i malati di tumore che sono rimasti senza possibilità di scelta terapeutica, riuscire ad avere i farmaci che sono ancora in sperimentazione può costituire un grande vantaggio. Alcuni riescono ad ottenere l’accesso a questi farmaci per il cosiddetto “uso compassionevole” , ma la strada per ciò è ancora piena di ostacoli e ritardi. Questi pazienti richiedono maggiore urgenza e di far sentire la loro voce .

Nel Giugno 2007, il Life Raft Group – un’associazione statunitense di supporto e difesa dei pazienti affetti da Gist – ha celebrato il suo quinto anniversario ripercorrendo i successi ottenuti e facendo il punto sui progressi delle conoscenze di questo tumore relativamente raro e dei trattamenti terapeutici.

La newsletter di anniversario riportò articoli sui 10 gruppi di ricerca nei quali il LRG sta investendo e sulle interessanti scoperte del loro programma di controllo, nel quale 820 membri del LRG hanno acconsentito a fornire i dettagli sulle loro diagnosi, sui trattamenti e sulle risposte. Un altro articolo ha offerto un aggiornamento sulle conoscenze attuali riguardanti le varie mutazioni genetiche del GIST, osservando come queste interessino la resistenza a differenti terapie e discutendo il valore dei regimi di associazione dei trials.

Questa associazione di pazienti con GIST sta facendo un gran lavoro nell’acquisire dimestichezza con la scienza, proprio a causa della malattia e sta cooperando e contribuendo allo sforzo della ricerca che li aiuta vivere. Comunque, in una ottimistica pubblicazione di anniversario, un articolo spicca per il suo tono di esasperazione e tristezza. Scritto dal direttore esecutivo Norman Scherzer, parla dei membri del Life Raft che stanno morendo senza avere avuto la chance di provare le nuove terapie di cui tutti parlano, anche se essi sono disponibili per le sperimentazioni cliniche.

Egli cita in particolare il caso di due pazienti che non hanno più risposto all’IMATINIB (Glivec). Uno cercava di ottenere urgentemente sunitinib (nome commerciale Sutent); l’altro aveva tentato e fallito con sunitinib e voleva tentare con dasatinib (nome commerciale Sprycel). Entrambi i farmaci sono stati approvati, tempo dopo, per quei pazienti che non rispondevano più a Glivec (Sutent per Gist, Sprycel per leucemia mieloide cronica), ma anche allora, prima dell’approvazione, qualche informazione sui farmaci era nota e la comunità dei pazienti li ha seguiti attentamente sin da prima che essi fossero inseriti nella sperimentazione umana.  Le indicazioni ricevute dai ricercatori e attraverso il network del Life Raft sembravano incoraggianti.

Uno di questi pazienti era volontariamente uscito dal trial del sunitinib, per aver erroneamente creduto che il farmaco gli stesse causando un intollerabile effetto collaterale. Quando ha scoperto che era stato arruolato nel braccio di controllo con  placebo e che i sintomi erano dovuti alla progressione della sua malattia, ha fatto domanda per rientrare nel trial, ma gli è stato negato. Nel caso del secondo paziente, il solo trial immaginabile nel quale poteva essere arruolato era stato completato.. Con l’aiuto del Life Raft Group, entrambi i pazienti tentarono di ottenere il farmaco al di fuori del trial, in base al cosiddetto ’uso compassionevole‘. Ma un insieme di ostacoli nell’ottenere il farmaco e l’approvazione perché fosse somministrato al di fuori dei trial risultò insormontabile.

“Cosa può giustificare che un paziente con tumore avanzato non ottenga un farmaco in un ragionevole periodo di tempo, vale a dire poche ore o al massimo pochi giorni?” -si chiede Scherzer, che ha combattuto continue battaglie per assicurare l’accesso ai farmaci a pazienti come questi.

“C’è una senso di impotenza, giacché i pazienti e coloro che si prendono cura di loro cercano di muoversi in questo paesaggio istituzionale per continuare a vivere. E’ facile capire che questo sistema non è destinato a rispondere alle urgenti necessità di pazienti oncologici con malattia avanzata.”

E’ vero, il sistema che regola l’accesso ai farmaci si propone in primo luogo di garantire che quando un nuovo farmaco entra nel mercato ci sia una grande evidenza sulla efficacia e sicurezza, così che dottori e pazienti possono fare delle scelte fondate. Se i farmaci sui quali ancora si deve indagare fossero ampiamente disponibili al di fuori dei trials clinici, i pazienti potrebbero avere un minore incentivo ad arruolarsi in un trial, il che potrebbe rendere più difficoltoso raccogliere le prove. Il sistema tende anche a proteggere i pazienti dallo sfruttamento da parte di quelli che offrono false speranze o persino terapie nocive. I malati con tumore avanzato sono particolarmente vulnerabili, come è stato recentemente dimostrato dalla gara per accedere al DCA (acido Dicloroacetico), un acido che ha mostrato negli animali una promettente attività antitumorale, ma è disponibile sul mercato in forme non utilizzabili dall’uomo (v. pag. 38 Do-it-yourself Chemotherapy).

USO COMPASSIONEVOLE

In questo sistema, le necessità urgenti di malati di tumore sono riconosciute da disposizioni che includono ‘l’uso compassionevole’ – un uso autorizzato, al di fuori dello studio clinico, di un farmaco ancora oggetto di studio e di ricerca ma non ancora approvato. Nella Unione Europea, dove l’approvazione dei farmaci antitumorali è centralizzata nelle mani dall’EMA (European Medicines Agency), l’Articolo 83 del regolamento (EC) N. 726/2004 conferisce agli stati membri il diritto di rendere alcune categorie di farmaci utilizzabili per uso compassionevole. Come essi lo facciano – se mai lo facciano – dipende da essi.

Molti stati membri hanno disposizioni per programmi di accesso allargati (EAPs). Questi coprono gruppi di pazienti con una specifica indicazione e tendono a seguire lo stesso protocollo del relativo studio clinico. Il loro primo scopo è quello di allargare il gruppo di pazienti che possono accedere al farmaco. Non tutte le case farmaceutiche cercano di attivare EAPs, e quelle che lo fanno, lo fanno solamente per alcuni dei propri farmaci. I programmi tendono ad essere avviati una volta che il trial in fase III ha reclutato al completo i pazienti, o in paesi dove non c’è uno studio clinico in corso, o forse, per quei pazienti che non sono eleggibili ad entrare in un trial. Tali programmi possono essere usati per raccogliere informazioni aggiuntive sul farmaco.

C’è una forte pressione a costituire schemi di accesso allargato dove un farmaco serve per quei pazienti che hanno poche altre scelte terapeutiche – e, naturalmente, dove è stata dimostrata una grande efficacia nei trials. Imatinib (Glivec) fu un caso classico, dato a più di 7000 pazienti attraverso un piano di accesso allargato a seguito degli evidenti risultati positivi ottenuti nei trials fase II.

Nonostante non tutti i paesi europei abbiano disposizioni per portare avanti EAPs, sarebbe ancora possibile fare domanda per l’accesso ad un farmaco ancora oggetto di studio per uso compassionevole, su base individuale con i programmi definiti come ‘named-patient use’. Questo di solito richiede che il medico del paziente contatti la casa farmaceutica richiedendo di fornire il farmaco al loro paziente specifico. Se la ditta approva – e questo è un grosso ‘se’- il medico può poi fare richiesta al proprio organo di controllo nazionale di un ‘via libera’ per procedere.

Spesso c’è bisogno anche del permesso di un comitato etico e dell’organo di controllo sanitario locale prima di permettere di somministrare un farmaco la cui sicurezza ed efficacia non sono stati ancora provati.. In diversi paesi, i pazienti possono importare i farmaci non ancora approvati per loro uso personale, purchè il farmaco sia stato approvato in qualche altro paese.

Differenze tra i sistemi che operano attraverso l’UE determinano la probabilità di una realizzazione di un programma di accesso allargato, oppure che un determinato paziente ottenga l’accesso al farmaco su base individuale, (come named – patient.). In alcuni paesi, tutti i farmaci forniti per uso compassionevole devono essere pagati dalla casa produttrice. In altri la ditta può far pagare le spese amministrative, ed in alcuni casi la spesa può includere i costi di produzione ed anche un una piccola parte della ricerca e dei costi di sviluppo

In alcuni paesi, ottenere il consenso per uso compassionevole può essere veramente complicato con enorme dispendio di tempo, implicando un sacco di lavoro amministrativo e discussioni a vari livelli. Altri cercano di renderlo semplice.

USO COMPASSIONEVOLE

Gli schemi per uso compassionevole sono un modo per dare ai pazienti l’accesso ai farmaci ancora in fase di sperimentazione, prima che essi abbiano avuto l’approvazione per entrare nel mercato. Si applicano due modalità di schemi

Programmi di accesso allargato(EAPs) che sono aperti a gruppi di pazienti a condizione che essi soddisfino specifici requisiti riguardo al tipo e allo stadio della malattia. .

Programmi personalizzati (definiti come Named – patient ) dove l’accesso è consentito al paziente su base individuale.

In più paesi è possibile importare un prodotto approvato in un altro paese, per es. negli USA, per uso personale.

La normativa relativa all’uso compassionevole varia nei diversi paesi dell’Europa.

In Francia sono permessi:

·         Autorizzazione per uso temporaneo personalizzato(ATU) – per un singolo paziente

·         Cohort ATU per un gruppo di pazienti che sono trattati secondo un protocollo

(programma di accesso allargato) (1)

(1)La Cohort ATU riguarda un gruppo o un sottogruppo di pazienti trattati e monitorati secondo criteri ben definiti in un protocollo per uso terapeutico e per la raccolta di dati. Una cohort ATU è emessa su richiesta del titolare dei diritti di licenza che presenterà una richiesta di autorizzazione alla commercializzazione entro un determinato tempo limite.

 

In Germania sono permessi:

·         Vendita personalizzata, per un indicato paziente, di prodotti che sono approvati in un altro paese

·         Programmi personalizzati (definiti come named – patient)

 

In Italia sono permessi:

·         Programmi personalizzati per farmaci approvati in un altro paese o che hanno completato gli studi clinici di Fase II

·         Importazione di un farmaco approvato in un altro paese per uso personale

 

In Gran Bretagna sono permessi:

·         open-label clinical trial, un tipo di sperimentazione clinica in cui i ricercatori e i partecipanti sanno quale trattamento viene somministrato.

·         Importazione di un prodotto approvato in un altro paese per uso personale

·         Fornitura di un farmaco su base individuale

Si veda www.cancerline.com/gUserFiles/Regulatory_Guide _Contents.pdf

OSTACOLI

I pazienti affrontano tre tipi di ostacoli muovendosi in questo marasma istituzionale. In primo luogo essi devono trovare quali sono i farmaci in fase di sperimentazione –o che stanno per entrare in un trial – che riguardino il loro caso.

Non c’è alcun obbligo legale per le ditte farmaceutiche di rendere pubbliche queste informazioni ed anche quando lo fanno,può essere difficile trovare l’informazione, poiché l’Europa non ha un equivalente del registro americano delle sperimentazioni cliniche, accessibile pubblicamente. (www.clinicaltrials.gov)

La WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità) sta cercando di istituire un programma di registrazione dei singoli trials clinici, (v A Trial of Strength, Cancer World 11, Jan-Feb 2006), ma le industrie fanno resistenza alla richiesta di registrare i trials in fase I e II abbastanza presto e con sufficienti dettagli per essere utili ai pazienti che ne necessitano con urgenza.

Mancando un formale sistema di divulgazione, alcuni gruppi di sostegno ai pazienti sono diventati esperti nel raccogliere questa sorta di informazioni – per esempio partecipando alle conferenze mediche e instaurando relazioni con i ricercatori. Una volta nelle mani di un paziente motivato, l’informazione si diffonde assai rapidamente via web – ma solo tra quei pazienti che sanno dove guardare.

Il secondo ostacolo è costituito dagli enti demandati alla regolamentazione, dai comitati etici, dalle direzioni sanitarie che non vogliono dare l’OK all’uso di un farmaco quando ritengono di avere pochi elementi per valutare se è più probabile che il trattamento aiuti o che danneggi il paziente.. Questo è un atteggiamento che ha sconcertato e fatto infuriare allo stesso tempo i pazienti oncologici. I farmaci di oggi, essi sostengono, sono concepiti per essere efficaci su uno specifico target (bersaglio), in uno specifico modo e si conosce molto di ogni composto, molto tempo prima che esso arrivi nelle sperimentazioni sull’uomo. Se c’è un fondamento logico per credere che un farmaco potrebbe recare un qualche beneficio, e se quel farmaco è considerato abbastanza sicuro per un trial di fase I o II, allora ai pazienti che sono rimasti senza altre scelte e a corto di tempo, dotrebbe essere data la chance di sperimentarlo. Come sostenne uno dei pazienti che fece la campagna per l’accesso anticipato al Glivec: “Novartis parla della sicurezza, ma gli effetti collaterali a lungo termine per me non significano nulla: Se io non ho il trattamento terapeutico il solo effetto a lungo termine per me è la fine”.

Il terzo principale ostacolo è ottenere l’approvazione della ditta produttrice a fornirlo. La priorità per la ditta farmaceutica è quella di far giungere il loro farmaco ai trials clinici e sul mercato con quanta più rapidità ed efficienza possibile ed essi temono che i pazienti non si vogliano arruolare al trial se possono ottenere il farmaco in un altro modo. Le ditte, talvolta, sono anche riluttanti a rendere noti i composti che non sono stati ben valutati, per un uso al di fuori di una sperimentazione clinica monitorata e controllata da vicino. Anche se i pazienti firmano un atto di rinuncia a rivalersi, la fiducia nel farmaco potrebbe essere posta in dubbio ancor prima di aver avuto la possibilità di dimostrare la sua efficacia, se il suo primo uso diffuso avviene tra pazienti molto malati che è probabile che abbiano più patologie coesistenti con quella primaria e che, facilmente, siano i meno adatti a rispondere al farmaco.

Il problema più grosso per le ditte farmaceutiche sta nel costo e nella organizzazione di produzione di un farmaco per uso compassionevole assai diffuso. Nei primi trials clinici c’è bisogno di farmaci sufficienti solo per poche centinaia di pazienti, che possono essere prodotti di solito con le sole attrezzature di laboratorio.. Una volta che migliaia di pazienti sono arruolati nella sperimentazione, tuttavia, può essere richiesto di investire maggiormente nella produzione – cosa che le compagnie, comprensibilmente, sono restie a fare prima di essere certi che il loro farmaco avrà l’approvazione per l’immissione sul mercato.

In un libro sullo sviluppo del Glivec –Magic cancer bullet – Daniel Vasella, il CEO (amministratore delegato) di Novartis parla dell’enorme rischio che ha corso quando ha deciso di investire in attrezzature di produzione su larga scala, “ fornendo tonnellate del principio attivo del Glivec e milioni di capsule invece di produrre solo kilogrammi e centinaia di capsule “.

DISPARITA’ E TRATTAMENTI INIQUI

Che cosa questo significhi per i malati di tumore è che, molto spesso, anche quando le compagnie acconsentono a fornire il farmaco ancora in sperimentazione al di fuori di un trial clinico, solo alcuni dei pazienti che cercano di accedere al farmaco, lo ottengono, e ciò dipende da dove vivono e da chi è il loro dottore.

L’aumento dei siti di pazienti in Internet, dove i pazienti possono scambiare le storie sulle terapie che seguono e cercare suggerimenti su come trovare nuove possibili opzioni di trattamento, ha portato alla luce le grandi differenze del tempo che ci vuole per i pazienti malati di cancro, con urgentissime necessità, di accedere a farmaci ancora in sperimentazione.

In un report inviato ad una valutazione dell’EMA sull’uso compassionevole, Eurordis, un gruppo europeo di difesa dei pazienti con malattie rare ha fatto il seguente quadro. Le compagnie talvolta limitano i programmi di uso compassionevole ai centri che seguono i loro trials di valutazione del farmaco, “ come un dono per i ricercatori”. Alcune compagnie aprono i programmi negli Stati Membri solo dove possono rivalersi sui costi. Dove la disponibilità del prodotto è limitata, alcune compagnie distribuiscono il farmaco con il principio “first come, first served basis” (chi prima arriva, prima è accontentato), il che favorisce i più informati e quelli più vicini ai centri che partecipano al trattamento o più abili a viaggiare. Altri programmi di uso compassionevole reclutano i pazienti a sola discrezione dei medici. Vi sono stati casi in cui i comitati etici hanno consigliato l’utilizzo di modalità di scelta casuale per la selezione dei pazienti, piuttosto che in base alle priorità dettate dall’urgenza del caso

Linea guida dell’EMA sull’uso compassionevole

Eleggibilità

La linea guida definisce eleggibili per programmi di uso compassionevole i pazienti con “ una malattia debilitante cronica e grave o una malattia che mette a rischio la vita… che non può essere trattata in modo soddisfacente con i prodotti medicinali autorizzati”.

La condizione chiave è che “il paziente dovrebbe essere valutato per l’inserimento in un trial clinico prima che gli venga offerta la possibilità di avere il farmaco per uso compassionevole”

Grado di evidenza sperimentale

Nel valutare se un farmaco può essere reso disponibile per uso compassionevole, l’EMA valuterà “i dati promettenti osservati in anticipo nei trials esplorativi ( ad esempio nei trials non controllati fase II “

 

Formalità di attivazione

L’EMA può dare un giudizio ad uno degli Stati Membri che ne abbia fatto richiesta, o se due Stati Membri hanno reso noto all’EMA che essi stanno cercando di avviare schemi di uso compassionevole.

LINEE GUIDA DELL’EMA.

I gruppi europei di difesa dei pazienti speravano che questa ingiustizia sarebbe stata affrontata quando l’EMA compilò la sua prima Linea Guida sull’uso compassionevole dei prodotti medicali, che mirava “a facilitare e migliorare nell’UE l’accesso dei pazienti ai programmi di uso compassionevole” . L’EMA disse che essa avrebbe ”favorito un comune approccio per quanto riguarda le condizioni d’uso, le condizioni di distribuzione e il target di pazienti per l’uso compassionevole di un nuovo prodotto medicinale non autorizzato.”

In realtà, la linea Guida, pubblicata nel Luglio 2007 non corrispondeva affatto alle aspettative della comunità dei pazienti. Essa fornìsce un base legale all’EMA per emettere ‘un giudizio’ sull’uso compassionevole di un farmaco ancora da sperimentare, che avrebbe compreso condizioni d’uso (posologia, modalità di di somministrazione e di uso corretto), condizioni per la distribuzione (se sottoposto a speciali o restrittive prescrizioni mediche ) e i gruppi target.di pazienti

L’Eurordis deluso criticò la Linea Guida come “un’opportunità mancata” di risolvere l’ingiustizia nella fornitura di farmaci per uso compassionevole. Eurordis vuole il parere dell’EMA su “condizioni di distribuzione” per descrivere quanti farmaci sarebbero disponibili in quanti Stati Membri e crede che l’EMA avrebbe avuto una migliore opportunità nel conseguimento di un giusto programma per uso compassionevole se fossero state discusse le condizioni per la distribuzione collettivamente insieme con i produttori e gli Stati membri. Questo, sostengono, avrebbe impedito alle compagnie di scegliere a propria discrezione dove distribuire i farmaci sperimentali e a quali condizioni. “ I 25 Stati membri, insieme, sono in una posizione migliore per negoziare,.. gli aspetti chiave di un programma per uso compassionevole anziché ciascuno separatamente”.

L’EMA riconosce le preoccupazioni “ in merito alla fornitura discrezionale ai mercati degli Stati Membri di prodotti per uso compassionevole” ma dice che i suoi poteri sono limitati ai pareri scientifici e non si estendono alla fornitura ai mercati.

L’Industria, al contrario, ritiene che l’azione dell’EMA presenta troppe costrizioni ed un certo numero di case produttrici esprimono il proprio disagio di fronte alla prospettiva che l’EMA dia indicazioni circa l’uso compassionevole dei farmaci prima che sia stato accertato che l’industria produttrice voglia o possa fornire il farmaco. L’EFPIA (Federazione Europea delle Associazioni delle Industrie Farmaceutiche) dice: “sarebbe moralmente poco corretto rendere pubblicamente disponibili segnalazioni per uso compassionevole in una situazione in cui il candidato non è in una posizione tale da soddisfare la richiesta del farmaco”.

Secondo la Linea Guida,  può esprimere un’opinione sull’uso compassionevole, se uno degli Stati Membri lo richiede, o se due o più Stati Membri avvisano l’EMA che stanno cercando di avviare programmi di uso compassionevole. L’ industria presumibilmente teme che, una volta che sia stato espresso questo giudizio, i pazienti e i medici di tutti i paesi dell’UE lo useranno per fare pressione sulla compagnia affinché fornisca il farmaco.

Questo è probabilmente ciò che avverrà, ma come fa notare l’Eurordis, la capacità che i pazienti e i loro medici hanno di fare pressione e lobbying è di gran lunga più piccola operando paese per paese, rispetto al caso che se essi, tutti, si fossero seduti allo stesso tavolo.

L’ESPERIENZA DELL’AIDS

Dieci anni fa, i pazienti AIDS d’Europa, arrivarono ad una simile conclusione. Essi istituirono nel 1997 l’ECAB (Comitato Consultivo della Comunità Europea) che desse loro una piattaforma dalla quale potessero esercitare influenza sullo sviluppo dei farmaci dal primissimo stadio in cui si propone un trial, sino al monitoraggio degli effetti collaterali dopo l’approvazione. L’accesso precoce alle sperimentazioni per tutti i pazienti europei era una questione basilare per essi.

L’ECAB si basava sul concetto di comitati consultivi comunitari, organizzati da compagnie farmaceutiche, indirizzati a raccogliere i consigli e i commenti dai pazienti. Ma ci sono due differenze essenziali.. Esso è parte di una organizzazione indipendente di pazienti, il Gruppo Europeo di trattamento dell’AIDS, il che significa che i pazienti possono fissare la propria agenda ed esso dà una singola voce ai pazienti di AIDS ovunque in Europa, il che garantisce che le case farmaceutiche li ascoltino. Il comitato è composto da 20-30 pazienti che hanno sviluppate competenze nel campo della ricerca e dei trials. Essi si incontrano diverse volte all’anno per discutere i trials clinici e gli sviluppi in corso di realizzazione con le ditte farmaceutiche, e per organizzare corsi di formazione per nuovi membri.

Simon Collins è stato un membro dell’ECAB sin dagli inizi, e co- presidente per due anni, durante questo tempo egli si è impegnato nella trattativa di numerosi programmi di accesso allargato. La pressione da parte dei pazienti e dei medici – egli dice – è essenziale . “ Se non ci fosse pressione da parte dei pazienti non ci sarebbe alcun EAPs (programma di accesso allargato). Esso è portato avanti dalla richiesta dei pazienti ed anche di molti medici.” Egli fa notare, comunque, che non tutti i medici sono preparati a far accedere precocemente i loro pazienti a questi programmi,, qualche volta per ragioni burocratiche.. “ Con tutto il lavoro che noi facciamo come patrocinatori di questi programmi, perchè vadano avanti, è straziante vedere che essi si bloccano poiché i medici dicono “ Oh no, io non voglio fare tutte queste pratiche amministrative, piuttosto aspetto per l’approvazione”. Comunque, io sono concorde con Eurordis che dice che i problemi delle ditte produttrici sono gli ostacoli più comuni ad un precoce accesso all’uso dei farmaci in sperimentazione. “ Il maggiore ostacolo è il ritmo con cui le compagnie vogliono portare avanti questo programma – in quanto tempo essi hanno in progetto di portare la produzione su scala industriale in modo da avere prodotto sufficiente per un programma di accesso allargato. Noi riteniamo che, appena le compagnie hanno dati di efficacia – alcuni di questi provengono dalla fase II – e accettabili indicazioni in merito alla sicurezza, dovrebbero pianificare un programma di accesso allargato, prima che inizino gli studi di fase III. Noi diciamo loro che dovrebbero prevedere nei loro programmi di produzione di arrivare su scala industriale molto prima”.

Il grande vantaggio di operare a livello Europeo è la possibilità di indirizzare in un singolo forum questioni che sono comuni ai pazienti di tutti e 27 i paesi dell’UE. Quando l’ECAB chiede alle compagnie di aumentare un programma di accesso allargato, essi chiedono che questo programma sia sviluppato in tutta l’Europa e fanno critiche alla compagnia quando ci sono ritardi inaccettabili. “ Alcuni paesi possono essere molto lenti nell’ottenere questi EAPs e nel portarli avanti.. Tu puoi concordare qualcosa con la compagnia centrale, ma poi i membri Ecab Spagnoli o Portoghesi, per esempio, possono ritornare e dire , “ Bene noi abbiamo chiamato la Roche (o la Merck o qualsivoglia) della zona, ed essi non sapevano nulla di ciò”. Questo rende consapevole la compagnia dei problemi con i loro affiliati”.

Ciò che l’ECAB ha fatto per un gruppo di pazienti europei è dare ad essi una voce al tavolo di discussione. E ciò che i pazienti portano al tavolo, soprattutto, dice Scherzer del Life Raft, è un senso di urgenza. “ Mi ha sempre sorpreso che il mondo del trattamento del tumore e dei trattamenti sperimentali manchino del senso di urgenza. Io ho lavorato per molti anni nella sanità pubblica, incluso il Centres of Desease Control- quel mondo era esattamente l’opposto. E’ un mondo dove si avverte grandemente l’urgenza. Per certi versi, io sono terribilmente fortunato o sfortunato – Io non sono formato in questa cultura ed io porto in esso un set di valori completamente differente. Andiamo, muoviti, qual è il problema? Questa attitudine alcune volte aiuta.”

Egli ed i suoi colleghi del Life Raft hanno aiutato innumerevoli pazienti che cercavano di ottenere per uso compassionevole farmaci ancora in fase di studio, inclusi i farmaci che sono ancora in trials di fase I o che stanno per iniziare la fase I. E’ una costante ricerca dei modi per influenzare un sistema in cui i pazienti non sono mai stati invitati ad avere voce in capitolo. La newsletter mensile del Life Raft è inviata sia a molti ricercatori e dirigenti come ai pazienti, e il gruppo ha un sito molto attivo.”Noi abbiamo la capacità di dichiarare la nostra posizione. Noi abbiamo anche un buon rapporto con i media . Per cui ciò ci dà un poco di influenza nell’imporci al sistema.”

In una occasione memorabile, Scherzer informò il capo di uno dei migliori ospedali in Europa che lo avrebbe “citato e messo in cattiva luce” nella loro newsletter se non avesse accelerato il processo di avviamento di un trial clinico, dato che c’erano in ballo delle vite. Scherzer fu minacciato di querela per diffamazione, ma il trial clinico parti il mattino seguente.

“La mia filosofia sta cambiando ed io ho adottato il motto che ECPC (la coalizione dei pazienti europei malati di tumore) ha adottato: “Niente su di noi senza di noi”. Io ero solito pensare che sarebbe realmente importante se essi ci lasciassero anche solo entrare nella stanza. Poi riflettevo, mi piacerebbe un posto al tavolo e mi piacerebbe che esso fosse un posto di quelli che prendono decisioni. E ora io ho adottato il più discutibile punto di vista. Io penso che dovrei essere seduto a capo del tavolo che gestisce il meeting, perché io sono il solo nella stanza per il quale i bisogni del paziente sono la prima e suprema priorità.”

Discutibile, forse, ma questo era di certo ciò che i pazienti di AIDS europei fecero quando diedero avvio all’ECAB, che li ha serviti cosi bene. E dato che l’EMA ha reso chiaro che la sua influenza sull’uso compassionevole non andrà oltre il presentare un giudizio, i malati di tumore in Europa potrebbero esercitare pressione per gli schemi di uso compassionevole, perchè siano approntati presto e in maniera equa attraverso tutti gli stati membri.

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